Usufrutto casa: usufrutto vitalizio e usufrutto a termine, qual è la differenza?
Il tema dell’usufrutto sulla casa va di pari passo con il concetto di nuda proprietà.
Nello specifico, si tratta di un diritto reale di godimento di un bene che, nel caso degli immobili, consente di abitare una casa, pur non essendone il proprietario.
Esistono diversi tipi di usufrutto, come l’usufrutto vitalizio e a termine: in questa guida ti spiegheremo nel dettaglio quali sono e le principali differenze.
Prima di occuparci delle distinzioni, però, è importante fare chiarezza sul diritto di cui stiamo parlando, esplorandone la definizione e il modo in cui viene costituito.
Cosa si intende per usufrutto immobiliare?
Come ti abbiamo già accennato, l’usufrutto è un diritto di reale godimento, disciplinato dall’articolo 978 del Codice Civile (e successivi) che stabilisce il diritto di un individuo, chiamato usufruttuario, di godere di un bene appartenente a qualcun altro.
Questa possibilità si può applicare in diversi ambiti, compreso quello immobiliare; se la tua casa venisse data in usufrutto significherebbe che un’altra persona potrebbe abitarla, chiaramente attraverso sottoscrizione di un contratto, salvo casi specifici previsti dalla legge.
Il concetto di usufrutto immobiliare è strettamente connesso a quello di nuda proprietà, diritto che prevede una proprietà sulla casa in questione, ma senza poterla abitare o disporne a proprio piacimento.
Il nudo proprietario e l’usufruttuario hanno però obblighi differenti: se, per esempio, nel primo caso spettano i costi delle opere straordinarie, come l’efficientamento energetico, all’usufruttuario vengono affidati solo i lavori di manutenzione ordinaria.
Non solo, da nudo proprietario puoi vendere l’immobile a qualcun altro, così come chi vi abita può decidere di affittare ad una terza persona o cedere il proprio diritto di usufrutto, attraverso un contratto di locazione, affitto o comodato d’uso.
Per quanto riguarda la costituzione dell’usufrutto, devi sapere che esistono diversi modi, anche se quello più diffuso è attraverso un contratto scritto, in fase di donazione oppure compravendita.
È possibile che l’usufrutto si costituisca per legge oppure attraverso un testamento.
Di seguito vedremo le principali distinzioni di usufrutto in relazione alla durata di questo diritto.
Usufrutto vitalizio
Come suggerisce lo stesso nome, l’usufrutto vitalizio non ha un limite di tempo determinato, ma si estende per tutta la vita dell’usufruttuario: alla sua morte, quindi, tale diritto decadrà automaticamente, consentendo di acquisire la piena proprietà dell’immobile.
Ciò vale anche nel caso in cui l’usufruttuario dovesse aver ceduto il suo diritto ad un’altra persona, oppure avesse affittato l’immobile, perché il passaggio in cui si acquisisce la piena proprietà per legge avviene in automatico.
L’usufrutto vitalizio è una modalità che viene utilizzata spesso nei passaggi generazionali, ad esempio con la cessione di una casa, che continuerà però ad essere abitata dal donatore fino alla sua dipartita.
Un caso tipico è quello di una coppia di anziani che decide di donare la nuda proprietà della casa al figlio, con riserva di usufrutto fino alla morte di entrambi. Nel momento in cui ciò avviene, il figlio potrà subentrare nella piena proprietà, con tutti i diritti annessi.
Tieni presente che questo diritto di godimento si può estendere ad altri beni che ti riguardano e non solo all’immobile, come un’azienda o beni mobili; potresti quindi inserirli in un unico atto che costituirà l’usufrutto generale vitalizio.
Usufrutto a termine
Tecnicamente, nessun tipo di usufrutto ha una durata illimitata, in quanto per definizione non può eccedere la vita dell’usufruttuario, anche nel caso di quello vitalizio: anche se il diritto è stato ceduto, comunque decadrà alla morte del titolare originario.
Per superare questo ostacolo a volte si decide di costituire l’usufrutto successivo, per far sì che alla morte del primo soggetto, il diritto passi automaticamente ad una persona precedentemente designata.
Diversamente, l’usufrutto a termine prevede l’inserimento di un periodo di tempo limitato nel godimento del bene, specificato nelle condizioni contrattuali, che potrebbe essere di qualche mese oppure di diversi anni.
Ricorda, però, che se l’usufruttuario è una persona giuridica, ad esclusione degli enti pubblici, per legge la sua durata non potrà superare i 30 anni.
Un caso particolare: l’usufrutto legale
L’usufrutto a termine non deve essere confuso con l’usufrutto legale, disciplinato dall’articolo 324 del Codice Civile e che riguarda sostanzialmente il diritto dei genitori di disporre dei beni del figlio fino alla sua maggiore età oppure all’emancipazione.
Per intenderci, poniamo che tuo figlio abbia ricevuto per successione un appartamento, ma sia ancora troppo piccolo per poterci abitare autonomamente: in tal caso, otterresti il diritto di usufrutto legale insieme all’altro genitore.
Ciò significa che puoi abitarci con il minore e anche affittare l’immobile, ma i soldi ricavati dovranno essere spesi esclusivamente per il mantenimento della famiglia e per l’educazione e istruzione del figlio.
Inoltre, in base all’articolo del codice civile che ti abbiamo appena citato, alcuni beni non possono rientrare nell’usufrutto legale, come quelli acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro o quelli donatigli per intraprendere una carriera, professione o arte.
Come si stabilisce il valore dell’usufrutto?
Il valore dell’usufrutto non è stabilito in modo universale e il suo calcolo dipende da diversi fattori, primo fra tutti la tipologia del diritto di cui stiamo parlando.
Per quanto riguarda l’usufrutto vitalizio, il risultato dipende dalla probabilità di permanenza in vita dell’usufruttuario; più è anziano, più il valore dell’usufrutto diminuirà, mentre aumenterà il valore della nuda proprietà, con importi sempre complementari fra loro.
Gli elementi usati nel calcolo della formula vengono forniti annualmente dal Ministero dell’Economia che prende in considerazione statistiche aggiornate sulla speranza di vita media e il tasso di interesse legale in vigore e pubblica poi i risultati aggiornati all’interno di specifiche tabelle.
Facciamo un esempio: possiedi un appartamento con un valore di mercato di 120.000 euro e decidi di vendere la nuda proprietà, continuando ad abitarci attraverso la stipula dell’usufrutto vitalizio. Prendendo in considerazione l’attuale tasso di interesse legale (5,00%) e il coefficiente moltiplicatore fornito dal Ministero in relazione all’età (12), se hai 60 anni l’usufrutto vitalizio varrà 72.000 euro, mentre la nuda proprietà 48.000 euro.
Il calcolo dell’usufrutto a termine, invece, è leggermente differente, in quanto tiene conto sia del tasso di interesse legale, sia della durata del contratto, senza quindi prendere in considerazione l’età dell’usufruttuario.
Pertanto, tornando all’esempio precedente, se si dovesse costituire un usufrutto a termine della durata di 20 anni, il valore dell’usufrutto sarebbe di 45.226,80 euro.
Vendere la casa con usufrutto: è possibile?
Come hai potuto appurare leggendo fino a questo punto, è possibile vendere una casa con usufrutto.
Non solo, in quanto usufruttuario potresti stipulare un contratto di locazione con una terza persona, cedere il tuo diritto di usufrutto a qualcun altro o dare l’appartamento in comodato d’uso.
Ciò che invece è negato all’usufruttuario è la possibilità di vendere l’immobile, in quanto tale diritto spetta solo al proprietario, anche senza obbligo di avviso nei confronti di chi in quel momento sta vivendo nella casa.
La nuda proprietà, infatti, può essere rivenduta ad altri ad un prezzo più basso rispetto al valore di mercato della casa. Tuttavia, ricorda che il nuovo compratore non potrà disporre dell’immobile fin quando non si estinguerà il contratto con l’usufruttuario.
Precisiamo, però, che in caso di vendita, quest’ultimo non potrà pretendere di ottenere alcun beneficio economico o percentuale sul prezzo.
In sintesi, comprare una nuda proprietà potrebbe essere conveniente da un punto di vista economico, dal momento che il prezzo è certamente inferiore rispetto al valore di mercato della casa. Di contro, l’usufruttuario potrà godere del suo diritto per la vita o fino a quando non scadrà l’usufrutto a termine.
Ma poiché la nuda proprietà potrebbe essere poco allettante per i potenziali compratori, come si può togliere l’usufrutto su un immobile? Scopriamolo nel prossimo paragrafo.
Si può cancellare l’usufrutto su un immobile?
Esistono diversi modi con i quali l’usufrutto su un immobile può avere fine: la morte dell’usufruttuario e la scadenza dell’usufrutto a termine.
In qualità di usufruttuario, però, hai anche altre possibilità, prima fra tutte la rinuncia al tuo diritto, attraverso un atto scritto che dovrà essere registrato.
In alternativa, potresti decidere di acquistare la nuda proprietà e diventare il proprietario della casa, attraverso un percorso di compravendita immobiliare; chiaramente il prezzo della vendita sarà calcolato secondo le modalità di cui sopra.
L’usufrutto si considera estinto anche in caso di perimento del bene: per esempio, se l’appartamento da te abitato è crollato a causa di un evento sismico, tale diritto cesserà di esistere.
Tieni presente che un giudice potrebbe disporre in tal senso anche nel caso in cui si dovesse dimostrare che la casa sia deperita per la costante incuria da parte dell’usufruttuario, al quale, ti ricordiamo, spetta l’obbligo di effettuare la manutenzione ordinaria e utilizzare il bene con diligenza.
Infine, l’usufrutto si estingue per prescrizione se non viene utilizzato per più di 20 anni.
In conclusione, l’usufrutto vitalizio e a termine differiscono principalmente per le tempistiche di validità e per il calcolo del loro valore; entrambe offrono però alcune possibilità di utilizzare il bene, di affittarlo o anche di venderlo.